Luca Frati: But in the night our eyes can see

Luca Frati in conversazione con Marta Cillero, durante Room To Bloom Pavilion a Palermo, Novembre 2021.

Marta Cillero: Luca, potresti introdurre brevemente te stesso e la tua pratica?


Luca Frati: Sono nato a Gubbio nel ’97. Mi sono diplomato nel 2020 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, sezione Arti Visive. Attualmente frequento il primo anno del Master in Arti Visive presso l’Ecal. La mia pratica ruota attorno al disegno, alla scrittura, al cucito e al ricamo. Ultimamente ho integrato nella mia pratica anche il linguaggio performativo. La parola assume un ruolo importante nella mia esperienza performativa, dove la lettura diventa il principale mezzo di trasmissione. Sono profondamente interessato a osservare attraverso il mio lavoro le relazioni e le dinamiche di potere tra le persone. Credo fermamente nel potere magico del linguaggio e delle tracce, si può vedere l’uso delle parole nel mio lavoro, che siano scritte, disegnate, cucite o lette, come una forma di lancio e visualizzazione di incantesimi. Questo non determina una mancanza di comprensione della realtà, ma è un modo per usare il personale e l’identità come recipienti di contenuti politici.


MC: Cosa hai presentato a Room To Bloom e in che modo la tua opera si lega alla tua performance?


LF: Si tratta di una scultura intitolata Device to watch and to be see. Questo dispositivo è stato realizzato come una scultura e utilizzato durante la mia performance But in the night our eyes can see. L’opera funziona come il principale mezzo scenico e attraverso questo oggetto io mi relaziono con il pubblico. Sia la performance che l’oggetto scultoreo indagano le modalità con le quali viene prodotto il desiderio e quelle attraverso cui viene trasmesso. Il tutto è in costante riferimento al corpo e al linguaggio del corpo.

MC: Come mai hai deciso di partecipare alla call di Room To Bloom?


In quanto giovane artista queer, ho deciso di mettermi alla ricerca di nuove opportunità artistiche e professionali. Ho così trovato il programma Room To Bloom e ho deciso di partecipare. Le mie aspettative iniziali ruotavano attorno al concetto di comunità: ho potuto esperire un senso di comunità, conoscere persone che lavorano con un approccio molto simile al mio ma anche persone con punti di vista differenti e che utilizzano un linguaggio differente. Uno stimolo per esplorare mondi e ambiti ancora inesplorati e contribuire allo sviluppo di una rete di artisti e artiste che si supportano a vicenda.


MC: Il programma di RTB lavora su due concetti fondamentali: ecofemminismo e femminismo decoloniale. Ti senti più vicino a uno dei due approcci citati oppure senti di toccare altri punti attraverso il tuo lavoro?


Il mio lavoro ha molto a che fare con le pratiche transfemministe e queer che lavorano sui vari corpi in relazione al genere, alle norme che regolano i corpi e i generi e a come queste possono essere raggirate.

Foto di @Maghweb

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