È stata la speranza ad accompagnare Abou Bakar Sidibé nel suo viaggio, da quando ha lasciato la sua città natale, Bamako, dieci anni fa, per cercare fortuna in Europa? Probabilmente si è trattato più di una fede cieca. Ma certamente anche di una determinazione feroce a sfidare ogni tipo di ostacolo — ostacoli che non avrebbe mai potuto prevedere, ma che si sono presentati continuamente sotto forme sempre nuove. E poi è successo qualcosa di totalmente imprevedibile: sul Monte Gurugu, un insediamento informale vicino alla recinzione di confine di Melilla, due registi europei gli hanno dato una videocamera con alcune semplici istruzioni. Poiché Abou non ha seguito le istruzioni, ma la propria visione e intuizione, è diventato lui stesso un regista, e ha partecipato con il suo lavoro ad alcuni dei più importanti festival cinematografici. Da allora, documenta la propria vita con la videocamera. Volevamo invitarlo al festival già tre anni fa, ma all’epoca non aveva un permesso di soggiorno e non poteva viaggiare in Italia. Ora sarà presente al festival come residente (in piena legalità) per tre settimane.
Ci sono molti modi di affrontare l’incertezza: conviverci, sopportarla, attraversarla. Collaborando con tante persone e istituzioni diverse, ci siamo resi conto — spesso seduti a tavola dopo una riunione o un evento — che se c’è un elemento che accomuna profondamente le nostre pratiche e metodologie, è il lavorare insieme all’incertezza, in forme molteplici. Mentre il mondo intorno a noi sembra diventare sempre meno solido, la serie di incontri dal titolo UNCERTAIN ENVIRONMENTS riunisce artisti, curatori, attivisti e ricercatori in vari punti della città per dialoghi co-curati con i nostri partner a Istanbul, in Spagna, a Prizren, a Bruxelles e a Palermo. Questi momenti di scambio esplorano le metodologie e strategie che persone e organizzazioni hanno sviluppato per navigare nell’incertezza. Spesso questo implica un’osservazione iniziale e un fragile equilibrio tra certezza e precarietà, che dipende dalla capacità di stabilire regole proprie e dalla flessibilità di modificarle costantemente.
Come scrive il filosofo Byung-Chul Han, ogni soluzione genera un nuovo problema. A volte, quando le persone sono convinte delle proprie capacità, si lanciano nel rischio di esplorare territori radicalmente sconosciuti. Ma anche se erano star nella loro città d’origine — musicisti, ballerini o calciatori acclamati — devono prima dimostrare il proprio valore in un nuovo contesto, sentirsi come se ripartissero da zero, cercare di capire le nuove regole, trovare nuovi sostenitori, nuovi fan.
La pièce teatrale KONAMI – THE FOOTBALL DANCE racconta questa esperienza spesso frustrante, insieme alle molteplici connessioni tra calcio, danza e mondo dello spettacolo, in un contesto incalcolabile segnato da potere, denaro e corruzione. Con quest’opera, l’ensemble transnazionale La Fleur torna a Palermo dopo aver avviato il progetto lo scorso anno con un laboratorio realizzato insieme a un gruppo di giovani danzatori locali.
L’opera di Genny Petrotta, iniziata durante la scorsa edizione con un’installazione video a Piana degli Albanesi, narra un’epoca di grandi sconvolgimenti storici: verso la fine della Seconda guerra mondiale, quando la Sicilia era già stata liberata ma restava sotto occupazione americana, e numerosi attori cercavano di esercitare la loro influenza sul territorio in un gioco geostrategico. In questo contesto, segnato dalla fame e da un futuro incerto, alcuni giovani — molti dei quali da poco congedati dal servizio militare — decisero di proclamare una repubblica contadina autonoma nel proprio paese natale. In un’epoca di grande incertezza, un’utopia può attecchire, perché “gli oppressi prendono coscienza della loro condizione in modo più radicale nei tempi di guerra”, come osserva l’attivista brasiliano Douglas Estevam del Movimento Sem Terra commentando questo episodio storico. Con la sua rievocazione poetica, la videoartista Genny Petrotta intende preservare il patrimonio politico e culturale del suo paese d’origine, affinché possa fungere da riferimento nei momenti di crisi.
Anche Simone Mannino e il Mediterranean Ensemble (fondato tre anni fa durante il festival Between Land and Sea) inseguono un’utopia: attori di Palermo e Tunisi costruiscono insieme un ponte sul Mediterraneo. Nella nuova pièce, presentata in anteprima lo scorso anno a Tunisi e ora per la prima volta in Italia, viene esplorata l’idea di un mondo multietnico e multiculturale, senza conflitti, ispirandosi alla figura storica di Eliogabalo. Nato in un’epoca simile alla nostra, segnata da transizioni e decadenza, Eliogabalo rappresenta un momento di possibilità per trasformazioni significative e nuove visioni. La pièce descrive anche un ambiente in cui figure influenti si contendono il potere sul futuro, e in cui — prima o poi — tutti diventano corrotti.
Per la prima volta, l’urbano acquisisce una dimensione architettonica all’interno del festival, grazie alla collaborazione con il team di :AFTER, il festival di architettura ospitato nel 2023 sotto forma di grand tour dell’isola, e con lo studio di architettura Michalski & Wagner. Il suo formato nomade farà tappa nella zona industriale dell’Ex-Chimica Arenella per ospitare ARENA ARENELLA, una giornata intera di programmazione che invita i più innovativi studi di architettura internazionali e altri attori spaziali a riflettere insieme su cosa significhi oggi sviluppo sostenibile e costruzione di luoghi, e su cosa possa offrire in futuro, prendendo come punto di partenza il concorso Reinventing Cities, per il quale il sito dell’Arenella è stato candidato dal Comune di Palermo. Arenella, come Between Land and Sea, è un luogo vasto che può essere affrontato solo unendo le migliori pratiche e intraprendendo insieme un viaggio per rendere reale ciò che ancora non conosciamo. Speriamo.
Tutti questi progetti e molti altri, con le idee, le domande e le opere che li animano, saranno esplorati e discussi nell’attuale edizione del festival Between Land and Sea. Speriamo che ciò possa restituirci un po’ di pace e fiducia, in un tempo che a volte lascia poco spazio alla speranza. Ringraziamo tutti gli artisti, i professionisti e i partner per aver condiviso con noi il loro sapere, la loro fiducia e il loro tempo. I vostri contributi sono stati fondamentali per il progresso di questa edizione. Invitiamo tutti gli altri a unirsi a noi, per pensare e celebrare insieme. E attendiamo con entusiasmo i vostri futuri contributi.