In questa conversazione Pier Paolo Scelsi (CREA) e Izabela Anna Moren (Fondazione Studio Rizoma), co-curatori della prossima mostra Water Bodies, che aprirà a Venezia presso lo Spazio CREA il prossimo 5 novembre 2024, esplorano la connessione tra corpo, acqua, cultura e Venezia, prestando attenzione agli impatti del turismo e del capitalismo liquido. Body of Water sarà in corso durante e dopo il TRANSEUROPA Festival di quest’anno. La mostra conterà le opere di: Francesco Bellina, Replica Artist Books, Eliza Collin, Beatrice Donda, Roberto Ghezzi, Markus Heinsdorff, Valentina De’Matha’, Matteo de Mayda, Mauro Sambo, Giovanna Silva, Luigi Viola e Roger Weiss.
In una mostra collettiva, Corpo d’Acqua riunisce opere che offrono possibili riflessioni sulla relazione tra l’uomo e l’elemento acqua. Al centro dell’attenzione l’arte del poter e del dover convivere con l’acqua, le strategie di pesca, l’artigianato, la protezione, l’inquinamento e le infrastrutture narrative, culturali e strutturali per la coesistenza con la materia liquida.
Pier Paolo Scelsi: L’acqua è elemento universale, trasversale a culture e religioni, luogo di transito e di arrivo ed è stato un tema affrontato da moltissimə nel corso della storia. Se avessi potuto scegliere unə artista del passato da coinvolgere in questa mostra chi avresti scelto? E perché?
Izabela Anna Moren: Per quanto l’acqua possa essere un elemento universale e esistenziale, credo che c’è una differenza profonda tra chi cresce nelle vicinanze di mare, laghi e fiumi e tra chi invece appartiene alle terre continentali. O forse non è legato alla nascita ma al sentirsi il mare dentro.
Unə artista che mi sarebbe piaciuto coinvolgere è lo scrittore e fotografo americano Allan Sekula che nel 1995 pubblica Fish Story. E’ un suo tentativo di dare forma al sentimento che il mare sarebbe scomparso nell’immaginario collettivo e popolare del mondo moderno. Scopre invece che il mare è stato “terrestralizzato” e fa parte di un sistema capitalista liquido, muovendo beni e guadagni in ricerca di nuove frontiere. Credo sia un lavoro unico, ugualmente opera d’arte e ricerca, una forma di realismo critico che unisce il teorico, empirico ed estetico trasversalmente.
Invece secondo te che modo Venezia e lə venezianə sono legatə al mondo ancora attraverso l’acqua, e quanto o come è cambiata e cambierà ancora questa relazione?
PPS: La relazione con l’acqua è alla base della nascita stessa della città, prima elemento di difesa e rifugio dellə primə abitanti delle isole della laguna dalle invasioni barbariche, poi nel corso della storia via e vie di comunicazione e commercio per la florida repubblica Serenissima. In tempi contemporanei l’acqua per lə venezianə è elemento di quotidiana convivenza che pone la città sempre in bilico e in prima linea su temi quali il cambiamento climatico, il consumo e l’erosione di suolo, il limite che l’elemento antropico deve porsi nella costruzione politica di una città che non può e non deve assuefarsi e arrendersi ad essere mera meta per il turismo di massa.
Lavorare a Venezia, immaginare una mostra parte di un festival, quali sono le sfide e le difficoltà da dover affrontare e risolvere?
IAM: Questo lo sai tu molto meglio di me vista l’esperienza pluriennale di CREA. Credo che ogni mostra abbia le sue difficoltà, quelle più ovvie sono il tempo e il budget da rispettare. Nel mio lavoro la forma finale non cambia molto il processo mentale, per me una mostra, una pubblicazione, un festival, un programma pubblico … devono rispondere ad una mancanza e offrire un processo di ricerca che può essere valorizzato nel tempo, e che necessariamente va oltre un piacere estetico e effimero. In una economia culturale che si basa ormai quasi esclusivamente su eventi questo aspetto spesso viene di meno.
Come ambiente di lavoro e sistema di valori, come vi condiziona avere lo spazio insieme a artigianə e persone strettamente legatə alla laguna?
PPS: Più che un condizionamento, il condividere questo ecosistema con lə artigianə porta alla creazione di un legame profondo tra la tradizione e l’innovazione. Questo connubio confluisce in un distretto dove passato e presente si intrecciano. Lavorare a stretto contatto con artigianə e quindi persone profondamente legate alla laguna ci permette di approfondire la nostra comprensione della cultura locale e delle sue tradizioni. Avere uno spazio condiviso e collaborare con loro arricchisce e differenzia notevolmente la nostra realtà, essendo che lə artigianə portano con sé competenze e conoscenze ancestrali, legate ai materiali e alle tecniche locali, che ci ricordano l’importanza delle risorse naturali della laguna. Qual è l’obiettivo che vorresti ottenere tramite questa mostra? E come si pone nel contesto di Transeuropa Festival?
IAM: Come ti dicevo quando ci siamo conosciutə, fare una mostra sull’acqua a Venezia, soprattutto da non Venezianə, non mi sembra una grande idea. Anche perché credo che poi accade quella stigmatizzazione per cui in Sicilia si parla del mare come a Venezia della laguna, dimenticandosi che questi aspetti e condizioni particolari fanno parte di una rete di cause e effetti territoriali più larghi come la relazione tra costa e entroterra, l’urbanismo, la mobilità, il turismo, l’agricoltura e altri. Quindi per me era importante focalizzarci sulla relazione tra l’essere umano e l’acqua che porta questa pluridimensionalità all’interno della mostra. L’altro aspetto è sicuramente che fenomeni iperlocali sono anche iperlocali in altri posti del mondo; se questi localismi si parlano accade uno scambio di tradizioni, condizioni e innovazioni molto più proficuo rispetto alla narrazione del mondo globalizzato one-size-fits-all. Credo sia questa la missione del Transeuropa Festival che viene ospitato in un luogo diverso per ogni edizione.
Ma torniamo a Venezia. E’ una città densa, bella, precaria, ricca e forse destinata a morire più velocemente di altre città. CREA cosa ti permette di fare e cosa vorresti che facesse ancora nel futuro per te, la città e gli artisti?
PPS: Riflesso nei canali di Venezia possiamo guardare all’antico e al contemporaneo come due correnti che si incontrano e si fondono. Vivendo la città con vera attenzione e rispetto si può vivere ancor oggi i processi che hanno portato a scrivere la storia e la storia dell’arte. E’ una città che, come alcune altre, non è destinata a morire, perché è un patrimonio di un’identità culturale che dal passato porta al presente ma necessita di una direzione precisa, di un impegno, di riporre al centro il ruolo dellə cittadinə, dellə residenti.
Qualora venisse meno questo sguardo, questo approccio al ruolo e al concetto di città, di Venezia rimarrebbe solo un brand, un flag da apporre alla propria lista, un selfie sfocato che potrebbe essere fatto in una delle altre 97 città al mondo che si chiamano Venezia.
CREA come tante altre realtà si è inserita per Venezia con lo scopo di portare e soprattutto riportare la purezza l’arte contemporanea in un contesto quotidiano, immaginare l’arte come elemento della vita di tuttə, non come orpello, decorazione, ma come impulso, messa in moto di dubbi e ragionamenti attorno al vivere in comune.
Il contesto dove sviluppiamo i nostri progetti permette la creatività e stimola una sinergia tra artistə e comunità, riscoprendo i valori delle materie prima come il legno, la stoffa, l’argilla e l’acqua salmastra della laguna. I progetti futuri sono molti, ma spero di poter portare avanti iniziative artistiche che sensibilizzano sulle storture e sui cambiamenti necessari alla nostra società.
Photo credits: Giovanna Silva, Cantiere Crea, 2024