Estratto da un discorso tenuto da Sepake Angiama a Palermo il 3 giugno 2022
Quali sono le forme di educazione che avvengono al di fuori delle istituzioni e in che modo potrebbero essere replicate all’interno degli spazi istituzionali? Uso spesso la forma del cerchio per far incontrare e scambiare le persone, anche all’interno degli spazi istituzionali. Ciò che trovo davvero bello è che permette di trasferire e trasformare la conoscenza e di restituirla all’educatore. Penso molto alle forme di educazione non estrattiva e in relazione agli esempi di restituzione, soprattutto come persona che proviene da una diaspora, penso spesso ai modi in cui questi oggetti hanno offerto conoscenza, ma gran parte del loro contesto – la separazione dalla terra, dalla gente e dalla lingua – permette di interpretarli solo come oggetti e non come parte di una sorta di ecosistema. Non fanno più parte di rituali e pratiche quotidiane e spesso viene negata la loro funzione. Inoltre, questi oggetti non sono mai stati lasciati morire. Non tutti gli oggetti devono essere conservati. C’è qualcosa nella morte degli oggetti che permette la riproduzione della conoscenza attraverso il rifacimento degli oggetti – ma questa separazione e la successiva conservazione equivalgono ad un’interruzione.
Nel pensare all’accesso alla conoscenza e ai modi in cui essa circola, riconosciamo che c’è molto potenziale nell’immaginare il futuro e il modo in cui deve essere rivendicato. Lavoriamo con i nostri studenti per pensare a forme di azione e di cambiamento, vogliamo che riconoscano la loro agency. Poiché spesso le strutture istituzionali sono molto brave a creare una sorta di controllo delle voci, cerchiamo invece di chiedere: “Come potreste usare la vostra voce collettivamente per creare un movimento o un cambiamento?”. Qualcosa che ovviamente troviamo nella storia, ma anche oggi, è una sorta di esaurimento e un po’ di apatia, il che significa che i cambiamenti che stanno avvenendo non sono necessariamente quelli che ci fanno sentire come se le nostre voci fossero ascoltate collettivamente. Ho pensato a questo aspetto in relazione alla restituzione degli oggetti. Che aspetto potrebbero avere la riparazione e la cura nell’educazione? L’educazione fornisce una piattaforma e uno strumento per il cambiamento sociale e per l’incontro tra le persone. Che tipo di cambiamento porterà l’azione di restituire qualcosa nel modo in cui guardiamo i nostri musei, nel modo in cui parliamo degli oggetti che ci sono e di quelli che non ce la fanno a essere restituiti? Si tratta di conversazioni difficili da affrontare e occorre una sensibilità autentica per quanto riguarda il modo in cui queste conversazioni vengono condotte. Per quanto riguarda il riconoscimento delle voci, mi chiedo quali siano i testimoni di quegli oggetti, cosa abbiano visto e chi li rappresenti. Ho pensato al ruolo del negromante, del mediatore, che parla per gli oggetti dei morti. E mi chiedo se esista una misura consultiva per chiedere agli oggetti cosa vogliono – qualunque sia l’aspetto di questa procedura.
Immagine: Sanchayan Ghosh, professore associato del Kala Bhavana di Santiniketan, guida gli esercizi con i partecipanti al raduno di disimparazione Under The Mango Tree.